Divorzio di velluto

Divorzio di velluto
Divorzio di velluto di Jana Karšaiová
Feltrinelli Editore
160 pagine – 4 ore e 22 minuti di ascolto

Proverò a parlare di Divorzio di velluto, candidato al Premio Strega 2022, consapevole di non avere tutti gli strumenti per farlo. Racchiude così tante cose, più o meno evidenti, che non vorrei dimenticarne nessuna. 

Jana Karšaiová, al suo esordio letterario, ha scritto e letto (è disponibile su Storytel) un libro in una lingua non sua, l’italiano, con una proprietà di linguaggio non indifferente e una profondità rara. 

L’autrice racconta la storia di Katarína e di altre donne come lei, nate in Cecoslovacchia ma cresciute poi in due paesi divisi (Repubblica Ceca e Slovacchia) dopo il cosiddetto “divorzio di velluto” del 1993.

Grazie a questo romanzo ho avuto l’opportunità di conoscere una parte di storia recente non troppo popolare, nonostante riguardi due paesi dell’Unione Europea. Contemporaneamente l’autrice è riuscita a farmi guardare l’Italia con uno sguardo nuovo; spesso maltrattato dai propri cittadini, il nostro Paese è invece luogo di libertà e Terra Promessa per chi arriva da fuori.

Incipit

Quando è entrata a Bratislava, ha avuto la sensazione di sempre, che sarebbe stata l’ultima volta, l’ha ignorata e ha seguito in automatico le indicazioni per Dùbravka, il suo quartiere.

Jana Karšaiová, Divorzio di velluto

Ciò che ho trovato durante la lettura, mentre scorrono le vite di Katarina, Viera, Dora e tante altre è il saper maneggiare e plasmare il termine divorzio in diverse accezioni. 

Letterale, tra Katarina (slovacca) e il marito Eugen (ceco), che si sono sposati forse troppo in fretta e che non sono stati in grado di comunicare tra loro, neanche alla fine. Divisi per estrazione sociale e culturale, vittime forse anche della diffidenza continua delle famiglie e degli amici. La costante supponenza ceca nei confronti degli slovacchi: Bratislava contro Praga, sempre. 

Divorzio come la divisione di una nazione, in cui chi ci rimette sono i figli (non si dice così solitamente?) che trovano comunque un modo per andare avanti, più o meno felicemente, per mescolarsi e fondersi, per crescere.

Infine divorzio come strappo, separazione dalla propria cultura per poter fiorire dentro a un mondo nuovo, non più soffocato dal comunismo. Una forma di lutto che non genera morte ma occasione di rinascita lontano da quelle radici che costringono anziché dare stabilità.  

L’ha saputo elaborare Dora, sorella maggiore di Katarina, fuggita negli Stati Uniti. L’ha capito poi Viera, smettendo nel tempo di parlare e pensare in slovacco in favore dell’italiano. Lo scoprirà anche Katarína, con i suoi tempi. 

Mi sono chiesta se una qualsiasi rottura possa mai essere realmente morbida; ho sempre creduto di no, e lo credo ancora. Di certo può essere necessaria e inevitabile per tendere al meglio. 

Se Divorzio di velluto meriti lo Strega non lo so, merita di certo di essere letto, anche più di una volta, per comprenderne tutte le sfaccettature. 

Mi è piaciuto

Certe assenze non smettono mai di pesare.

Forse significava questo lasciarsi? Guadagnarsi il silenzio dell’altro?

Ciò che non era cambiato era la posizione dei due paesi, uno a fianco dell’altro. I loro figli non avrebbero smesso di intrecciarsi, di cercarsi, specchi di loro stessi, a volte innamorati, a volte indifferenti, ma intenzionati a guadagnarsi il proprio posto nel mondo.

Jana Karšaiová, Divorzio di velluto

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