Che razza di libro!

Che razza di libro! di Jason Mott
Tradotto da Valentina Daniele
NN Editore
310 pagine

In quanti modi si può parlare di razzismo e minoranze? E cosa significa appartenere a qualcuna di esse?

A volte ho l’impressione di essere quasi sovraesposta ai temi della discriminazione, credo che spesso sia facile riempirsene la bocca e aspettarsi che le persone di successo in qualche modo si schierino o abbiano sempre un’opinione, seppur superficiale, in merito.

Ma proprio quando pensavo di essere satura, ho trovato Jason Mott e il suo Che razza di libro! (grazie Davide per il consiglio).

Incipit

Nell’angolo del piccolo soggiorno della piccola casa di campagna in fondo alla strada sterrata sotto il cielo azzurro della Carolina, il bambino di cinque anni dalla pelle scura se ne stava seduto, con le braccine scure strette attorno alle ginocchia, e cercava con tutte le sue forze di reprimere la risata nella gabbia pulsante del suo torace.

Jason Mott, Che razza di libro!

Una scrittura diretta e disincantata che mi ha conquistata subito; Mott è bravo a ingaggiare il lettore, grazie all’atmosfera dosatamente surreale e, in particolar modo all’inizio, ai continui riferimenti a “quel bambino”, del quale svela poco a poco.

Entrambi i protagonisti del romanzo, uno Scrittore della Carolina di cui non viene mai detto il nome ed un ragazzino talmente nero da essere crudelmente soprannominato Nerofumo, vogliono solo fuggire dalla realtà.

Il fatto che lo Scrittore soffra di una malattia che spesso gli impedisce di distinguere la realtà dall’immaginazione è uno dei punti di forza della storia. Inizialmente mi sono chiesta se la realtà, filtrata dalla malattia, fosse attendibile o meno; poi ho smesso, completamente immersa negli episodi più disparati che si susseguono.

Durante il tour promozionale del suo libro, che naturalmente si intitola Che razza di libro!, lo Scrittore si ritrova a fare i conti, capitolo dopo capitolo, con il proprio passato. Tra le stramberie che lo circondano, appare Nerofumo, un ragazzino decisamente speciale. A capitoli alternati quindi, si intrecciano le vicende di Nerofumo e dello Scrittore, fino a convergere nel faccia a faccia (letteralmente stampato su carta) finale.

Oltre agli episodi di bullismo e di violenza a cui sembra che tutti i neri debbano essere preparati e in qualche modo addestrati (non rispondere, non reagire, non alzare lo sguardo), c’è la consapevolezza, quasi la rassegnazione, che prima o poi a chi appartiene ad una minoranza debba succedere qualcosa di brutto, è nella natura delle cose. L’importante è solo cercare di sopravvivere.

E se qualcuno, come un artista, uno scrittore o uno sportivo, riesce a cambiare il corso della propria vita, non potrà comunque uscire dalla gabbia. La lettura di questo libro mi ha mostrato come ancora esistano dei compartimenti stagni, tutti ci aspettiamo che ci siano. Ci aspettiamo che i tutti i neri stiano sempre dalla parte dei neri, che uno scrittore di colore parli di razzismo o un artista dipinga “la propria gente”, che siano per forza bandiera o emblema di riscatto per tutti i loro avi. Sarà per questo che ne lo Scrittore ne Nerofumo hanno un nome? Perché in fondo sono uguali a tanti altri prima di loro?

Il nonno di Nerofumo ci regala invece un piccolo grande insegnamento: “I bianchi non ti hanno fatto niente. Non sei mai stato uno schiavo. Non ti hanno mai venduto ne frustato. Non puoi odiare una massa di persone per cose che hanno fatto i loro antenati.”

Le vittime di razzismo (o qualsiasi altro tipo di discriminazione) sono tutte diverse ma sembrano tutte uguali, perché portano sulle spalle la storia di quelli venuti prima di loro. E allo stesso modo, l’altra faccia della medaglia ci mostra come persista l’idea che i bianchi siano tutti discriminanti e i poliziotti debbano essere violenti “perché è sempre stato così”, no?!

Da una parte una rabbia atavica e dell’altra un senso di supremazia immotivato.

Ma Jason Mott non si ferma a questo e non ha filtri nemmeno con il mondo dell’editoria e dei mass media, con la loro necessità di uniformarsi per vendere di più. L’autore tratteggia una macchina grottesca, non troppo distante dalla realtà, votata al fare soldi senza tenere troppo conto del volere dell’autore e della qualità di ciò che viene pubblicato.

“È una differenza sottile però vitale. È la differenza tra un autore di cui il guardaroba dice dovreste leggere il mio libro e uno il cui guardaroba dice dovete leggere il mio libro.”

“Ogni volta che ribadivo la mia convinzione che l’editoria dovesse semplicemente pubblicare ‘bei libri’, sia Sharon che l’editore scoppiavano a ridere.”

Infine, questo libro è bello anche graficamente, la copertina è di impatto ed all’inizio di ciascun capitolo troviamo disegnati il profilo di Nerofumo oppure quello dello Scrittore, alternati, fino a quando non si guarderanno in faccia nelle pagine finali.

Jason Mott è una voce decisamente fuori dal coro, mi spiace non trovare un modo migliore di definirlo, tradotta con altrettanta bravura. Con Che razza di libro! è riuscito a rivolgersi al lettore in modo nuovo e a scalare la mia personale classifica delle letture di quest’anno.

Leggilo se: vuoi aprirti a nuovi punti di vista e sapere cosa significhi leggere un gran bel libro.

Mi è piaciuto

Come una mattina fredda d’inverno, in cui l’unico posto dove puoi trovare un po’ di calore è sotto la tua coperta preferita, e ti ci addormenti e ti ci svegli allo stesso tempo, e senti che tutto il tuo corpo e la tua anima sono immersi nel calore perfetto di quel momento, e sai soltanto che non vuoi uscire mai più di lì, perché è così che dovrebbe essere la vita.

Jason Mott, Che razza di libro!

Dove trovarlo

Online lo potete trovare su ibs oppure su Libri da Asporto.

In libreria potete chiedere a La libreria del lago.

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