Lessico famigliare

Lessico famigliare
Lessico famigliare di Natalia Ginzburg
Einaudi
212 pagine

Avevo questo libro nella lista “da leggere” da molto tempo, ma lo temevo un po’. Ero in soggezione ad affrontare un classico, Premio Strega 1963, di cui non sapevo assolutamente nulla.

Quando l’ho trovato nei titoli degli audiolibri di RaiPlaySound ne ho approfittato subito ed ho scoperto un romanzo straordinario, letto con maestria da Anna Bonaiuto. Mi sono sentita come una bambina che scopre qualcosa di nuovo e ne parla, entusiasta, con tutti.

Mi è piaciuto talmente tanto da volerlo fisicamente nella mia libreria, abbandonando tutti i miei propositi di ascoltare audiolibri per spendere meno soldi… mi consolo pensando di aver fatto bene perché nella versione cartacea sono presenti un’introduzione e un’appendice interessanti.

Incipit

Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: – Non fate malagrazie!

Natalia Ginzburg, Lessico famigliare

Titolo e incipit parlano da soli: si entra a gamba tesa nelle abitudini, nei modi di dire e di fare, nelle eccentricità della famiglia Levi, composta dai genitori Giuseppe e Lidia e dai figli Gino, Paola, Mario, Alberto e Natalia. Attorno a loro parenti, amici e domestiche che fanno parte di questo piccolo universo. Non ultimi, i colleghi della casa editrice (Einaudi) in cui Natalia Ginzburg lavorerà dopo la guerra.

Ginzburg racconta la sua famiglia in una finestra di poco più di vent’anni, tra il 1925 e il 1950 circa. Sono anni non semplici, soprattutto per una famiglia ebrea e antifascista, composta da persone colte e circondata da figure illustri e rivoluzionarie quali, tra le tante, Filippo Turati e Anna Kuliscioff, Camillo e Adriano Olivetti, Cesare Pavese.

Eppure, grazie alla scrittura fresca, leggera e ironica al punto giusto, la famiglia Levi sembra superare indenne qualsiasi avvenimento. In particolar modo Giuseppe e Lidia vengono raccontati con tanto sarcasmo quanto affetto. Lui, padre padrone non così convinto, collerico, con le sue fissazioni ma di grande cultura (è stato professore, tra i tanti, di Rita Levi-Montalcini); talmente fissato con la montagna che è quasi riuscito a farla odiare anche a me, che la adoro. Così ingenuo da presentarsi con il suo vero cognome anche quando è in fuga dalle persecuzioni razziali. Lei una donna all’apparenza svagata ma in grado di alleggerire tutte le situazioni, compresi gli arresti, le fughe e gli invii al confino.

C’è in questo libro anche una parte importante di Storia, che se me l’avessero raccontata così a scuola forse mi sarebbe piaciuta di più. Non ultima, c’è anche Natalia che racconta se stessa con molta franchezza. Ammetto che averlo ascoltato dalla voce di Anna Bonaiuto ha dato un punto in più a questo capolavoro. Unica nota dolente, l’app di RaiPlaySound, che spesso perde i segnalibri o non passa all’episodio successivo e confonde le idee. Sono comunque stati molti i punti in cui ho sorriso pensando al lessico della mia famiglia, ai frammenti di tempo condivisi, così unici e irripetibili, comprensibili solo da chi li vive.

Il mondo appariva invece, dopo la guerra, enorme, inconoscibile e senza confini. Mia madre tuttavia riprese ad abitarlo come poteva. Riprese ad abitarlo con lietezza, perché il suo temperamento era lieto. Il suo animo non sapeva invecchiare e non conobbe mai la vecchiaia, che è starsene piegati in disparte piangendo lo sfacelo del passato. Mia madre guardò lo sfacelo del passato senza lagrime, e non ne portò il lutto.

Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase, una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire “Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna” o “De cosa spussa l’acido solfidrico”, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole.

Natalia Ginzburg, Lessico famigliare

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